Negli ultimi mesi, la situazione in Armenia è andata peggiorando, la repressione del popolo da parte dell’Azerbaijan per la conquista del territorio del Nagorno-Karabakh ha causato un lento e inesorabile genocidio della stabile popolazione armena. Il 9 di novembre è stato firmato un armistizio che ha portato a una rapida risoluzione del conflitto, con l’intervento di due Stati politicamente rilevanti, la Russia e la Turchia, delineando un nuovo assetto di forze politiche all’interno dei territori del Caucaso.
Che ruolo hanno all’interno dell’assetto geopolitico caucasico e, soprattutto, in quello mondiale? La Turchia di Erdogan è da anni ferma sul processo di adesione all’Unione Europea, in cui si rinviano negoziati mentre questi gioca strategicamente alla conquista di un potere territoriale, con scopi e mezzi poco chiari.
È necessario far conoscere questa situazione anche a noi europei, occidentali, affinché possiamo comprendere cosa stia accadendo e come potrebbero evolversi gli assetti geopolitici nei prossimi anni.
Nell’Era digitale e della partecipazione comunitaria, il nostro apporto è determinante e, pertanto, deve concretizzarsi con prese di posizione a favore della libertà umana, indipendentemente da appartenenze geopolitiche.
Ne parleremo meglio all’interno dell’incontro Un Canto armeno: ultimo atto alle porte d’Europa, che si terrà sabato 19 dicembre alle 18 sui principali canali social di Polimorfica APS. Sarà presente Hasmik Vardanyan, dottoranda dell’Università di Verona di origine armena, impegnata in uno studio inerente Dante nella letteratura armena. Dopo aver seguito dall’Italia l’inasprirsi del conflitto tra Armenia e Azerbaijan, il 2 novembre 2020 decide di partire per andare a fornire il suo supporto al popolo armeno. Attualmente si trova a Yerevan, la capitale, ed è in contatto con Francesca Cecconi, Vicepresidente di Polimorfica APS e dottoranda in Scienze dello spettacolo, nello stesso ateneo veronese. Prima della partenza della dott.ssa Vardanyan, le due studiose si sono ritrovate per parlare della situazione armena e della ricerca sui poeti armeni che si rivolgono a Dante come portatore di un pensiero libero. Ne parlano in questo articolo del 21 ottobre scorso, su Le Chiavi di Lettura: La letteratura come arma contro le barbarie: un racconto armeno.
L’incontro è organizzato da Polimorfica APS in collaborazione con Studenti Per – Verona, UDU Verona, e Rete degli Studenti Medi – Verona.
Polimorfica APS, Associazione di Promozione Sociale toscana, è interessata a farsi portavoce di minoranze in contesti di necessità comunitaria; si occupa progetti che utilizzino la cultura e il teatro come strumenti di divulgazione di tematiche attuali con particolare riferimento a processi partecipativi di attivazione sociale utili ad innescare cambiamenti in positivo.
Studenti Per – Verona è la Consulta dell’Accademia di Belle Arti di Verona nasce con lo scopo di tutelare a 360 gradi i diritti della comunità studentesca nell’Accademia di Belle Arti Verona. Un luogo aperto alle idee, alle proposte, alle differenze, per un’Accademia che sappia dare spazio al dibattito e alla socialità.
UDU – Verona è l’associazione Unione degli Universitari porta avanti rivendicazioni orientate alla tutela dei diritti degli studenti; si batte quotidianamente negli atenei per creare un sistema che garantisca il reale diritto allo studio, che assicuri a tutti gli studenti un sistema di rappresentanza in grado di promuovere la democrazia e la partecipazione studentesca in ogni ateneo.
Rete degli Studenti Medi è la rete degli studenti delle scuole superiori, un grande sindacato studentesco d’Italia formato da studenti per gli studenti, che a Verona è attivo nella vita sociale e politica della propria città.
Polimorfica APS vuole ringraziare queste associazioni di giovani studenti e studentesse che hanno accolto l’appello con interesse e partecipazione. L’incontro ha lo scopo di portare luce sui recenti fatti avvenuti nel Caucaso, arrivando a fornire delle chiavi di lettura anche per i giovani italiani, nonché giovani europei, in modo da contribuire a creare la giusta consapevolezza come cittadini d’Europa.
Note:
Nagorno-Karabakh o Artsakh è una regione montuosa storicamente armena autoproclamatasi, all’indomani della disgregazione dell’Unione Sovietica, Repubblica indipendente. Nel settembre 1991 il soviet locale, utilizzando la legislazione sovietica dell’epoca, dichiarò la nascita della nuova repubblica dopo che l’Azerbaijan aveva deciso di fuoriuscire dall’Unione Sovietica. Seguirono un referendum ed elezioni ma nel gennaio dell’anno seguente la reazione militare azera accese il conflitto che si concluse con un accordo di cessate il fuoco nel 1993. Da allora ha preso avvio un procedimento di negoziati di pace sotto l’egida del Gruppo di Minsk.
La situazione nella zona contesa era rimasta stabile per quasi trent’anni, dopo che una vittoria militare aveva permesso all’Armenia di assumere il controllo del Nagorno Karabakh, una regione dell’Azerbaijan popolata soprattutto da armeni, ma anche di una zona cuscinetto azera, che è stata svuotata della sua popolazione.
È proprio questa zona cuscinetto a essere finita nel mirino dell’esercito di Baku. L’improvvisa escalation è dovuta al fatto che dopo quasi trent’anni di immobilità l’Azerbaijan ha cercato di riconquistare le sue posizioni sul campo, arrivando a conquistare buona parte dell’Artsakh a seguito dell’intervento di Turchia e Russia.
«Dopo un mese di guerra sul destino dell’enclave del Nagorno Karabakh abbiamo un vincitore militare, l’Azerbaijan, e due vincitori politici, la Russia e la Turchia. Per evitare una sconfitta totale, il governo armeno ha accettato un piano umiliante proposto dalla Russia; Erevan non aveva scelta.
La vicenda ha suscitato la collera della popolazione armena, che si sente tradita e considera vane le migliaia di vittime del conflitto.
Erdogan si è assunto il rischio di operare in una zona d’influenza russa, rompendo lo status quo ma evitando uno scontro diretto con la Russia. La conclusione della guerra trasforma la Turchia in una potenza dal ruolo cruciale nel Caucaso del sud.
Questa guerra del ventesimo secolo, le cui radici sono antiche e profonde, ha ribaltato la situazione geopolitica di una regione strategica, senza che l’Europa o l’Occidente abbiano proferito parola e senza che abbiano avuto la possibilità di giocare un ruolo attivo. È il simbolo di un mondo postoccidentale in cui le regole del gioco sono quelle della violenza.» Da “Internazionale” del 11 novembre 2020